Secondo Jean-Baptiste du Val-de-Grâce, baron de Cloots, il nobile rivoluzionario francese che prese il nome di Anacharsis Cloots: “la religione naturale, esattamente come la Religione Rivelata, può essere un mero affare geografico”. E Rousseau ha scritto nel racconto La Reine fantasque: “Je sais bien que les lois de la géographie […] règlent toutes les religions du monde…”. “So bene che le Leggi della Geografia regolano tutte le religioni del mondo…”
La più intima delle Credenze personali, la Fede, sarebbe insomma condizionata dai meridiani, dai paralleli, e dal termometro. Se fosse vero, l’ora di Geografia potrebbe sostituire nelle scuole l’ora di Religione.
“Il deserto è monoteista”: così sentenziò lo storico delle religioni Ernest Renan – autore d’una controversa Vita di Gesù (1863). Non potevano che essere idolatri gli antichi Italiani o i Greci, abitando in paesi temperati e floridi, distratti com’erano, tra mare e terra, da paesaggi sempre cangianti e incuriositi da una moltitudine di eventi naturali. Ma i semiti, gli Arabi, gli Ebrei, i mediorientali, erano quasi condannati dalle loro ristrettezze ambientali ad adorare un Dio unico. Il panorama assolato, e desolato, non aiutava le loro fantasie religiose. Renan, e gli altri studiosi ottocenteschi mossi nel suo solco, stabilirono anche strette connessioni tra buddhismo e giungla tropicale, induismo e montagne himalayane, o viceversa. Teorie tutte più che “convincenti”. Il “buonsenso” uscì rassicurato e il Filisteo ne godé alla fine persino più dell’Illuminista.
Peccato però – mi sembra –, che la Storia dica altrimenti. Salvo una sparuta dozzina di Tribù che, proprio per distinguersi da tutti gli altri popoli limitrofi, adoravano in esclusiva il Dio d’Israele, l’intera arida area Mediorientale era devota da millenni all’Idolatria. Persino gli Ebrei furono tentati a più riprese dal Politeismo: Mosè dové scagliare sul Vitello d’oro le tavole fresche di stampa con i Dieci Comandamenti.
Se il Deserto fosse veramente monoteista non si capisce come mai gli Ebrei, in quelle zone disabitate, siano stati sempre un piccolo popolo inviso, – considerato, dal punto di vista religioso, folle. E ancora nel Settimo secolo, era volgare, il profeta Maometto combatté strenuamente contro i pagani del deserto, per costringerli, anche con le armi, ad abbandonare i loro Dèi autoctoni e molteplici.
Inoltre: se veramente una natura avara, piatta e spoglia orientasse gli animi religiosi (e i sistemi teologici) in senso “mono” o “poli-teista”, gli Eschimesi avrebbero ricevuto le Tavole del Sinai molto prima degli Ebrei.
[in copertina: La conversione di san Paolo, di Domenico Morelli (1876)]