Nel 2003, per il primo anniversario della morte di Carmelo Bene, con l’aiuto di Marianna Ventre che era stata collaboratrice e compagna di Carmelo – e che, purtroppo, è recentemente scomparsa –, ho realizzato per Rai International un “Progetto-Bene”. Il “Progetto” era molto articolato e comprendeva: un documentario in 4 puntate (che intitolai “La voce che si spense”), affidato, per la regia, a Mauro Contini, straordinario partner “storico” di C.B.; la riproposizione sui canali internazionali della Rai di tutte le opere televisive e cinematografiche di Bene; il recupero, il restauro e il rimontaggio dello spettacolo teatrale “Lorenzaccio”, e una lunga serie di interviste. Con la collaborazione di Marianna e quella dei colleghi della redazione di Milano, raccolsi le testimonianze di: Lydia Mancinelli, Enrico Ghezzi, Jean-Paul Manganaro, Goffredo Fofi, Dario Fo, Luca Ronconi, Franco Quadri, Piergiorgio Giacché, Alberto Signorini, Maria Luisa Bene, Giancarlo Dotto, Elisabetta Sgarbi, Manuela Kunsterman, e altre personalità del Teatro italiano.
Nei vent’anni trascorsi da allora – tranne il “Lorenzaccio” di Carmelo Bene, che transitò per il “Palcoscenico” di Rai2 –, nessuno dei materiali preparati per il “Progetto” e già pronti per la “messa in onda” è stato mai trasmesso dalle reti nazionali della Rai. I “master”, pare, risultano dispersi. Le cassette che contenevano il “girato” e il “montato”, e che ho lasciato in eredità alle Teche, mi è stato detto che non si trovano più.
Qualcosa del “Progetto-Bene” l’ho salvato. Da ciò che ho conservato ho tratto l’intervista a Lydia Mancinelli, che qui ripropongo, in parte, in forma scritta.
A.Z. (Franco Porcarelli): Dal Teatro al Cinema, con “Nostra Signora dei Turchi”: è il 1968. Perché questa scelta?
LYDIA MANCINELLI: Diciamo che Carmelo faceva tanti spettacoli a stagione, almeno tre, o quattro, ogni anno, dal 1964 al 1968, anche per avere una risonanza, un riscontro dalla critica. La mattina dopo la prima c’era sempre questa attesa dei giornali… questa speranza che qualche critico parlasse bene dello spettacolo…in realtà, a teatro venivano grandi attori, come la Brignone, a ridere, a divertirsi, ma la critica non capiva mai niente. Perché era veramente un teatro di “rottura”, il nostro. Quindi la lettura delle critiche, la mattina dopo la prima, era una tragedia, per Carmelo Bene.
Tranne Flaiano, e Arbasino, non c’erano critici all’altezza. Io gli dicevo: “Ma lascia stare, fregatene!”, e lui: “No, mi danneggiano! Almeno si limitassero a spiegare la storia, a aiutare il pubblico”… invece erano sempre stroncature.
Una volta, per uno spettacolo, scrivemmo noi la critica e la portammo a sei giornali diversi, firmandola “vice”: ci fu uno sguinzagliamento dopo la prima: andammo nelle redazioni a consegnarlo dicendo: “Questo lo manda il vice”, “questo lo manda il vice”… Il giorno dopo uscirono sei critiche uguali su tutti i giornali: ovazioni, venti minuti di applausi, tutti in ginocchio, eccetera… fu un escamotage molto divertente.
Quindi la lotta di Carmelo Bene è stata una lotta contro i critici.
Poi ci fu l’avvento del cinema perché Carmelo quasi si scoraggiò, dopo tanti anni, e smise di fare il teatro, nel 1968.
Il successo teatrale di Carmelo Bene è avvenuto grazie al cinema. Il cinema gli ha dato quella notorietà, anche internazionale, che poi ci ha permesso di fare il pieno nei teatri. Lo stesso pubblico del cinema ha riempito le nostre sale.
Tornammo a teatro, nel 73-74, proprio con Nostra Signora dei Turchi, e da lì è stato un crescendo.
A.Z.: Il progetto cinematografico di “Nostra Signora dei Turchi” è nato di getto?
LYDIA MANCINELLI: Noi eravamo a Venezia a fare uno spettacolo nel “Ridotto”, e venne a vederci Luigi Chiarini, che era allora direttore della Mostra del Cinema. Carmelo gli disse: “Vorrei fare un film. Se lo faccio, mi invita?” “Vai pure, vai – gli rispose Chiarini – non ti preoccupare di sbagliare, sbaglia pure ma fai il film, vai!”
Carmelo, convinto dalle parole di Chiarini, girò Nostra Signora dei Turchi. Con i nostri soldi, i nostri pochi soldi, due milioni di lire del sessantotto. Giorgio Patara ci dette la pellicola e i mezzi tecnici. Jasiello, il proprietario della Microstampa, ci fece credito per lo sviluppo e la stampa e per gonfiare il film da sedici millimetri in trentacinque. Quindi avevamo tanti debiti: diciassette milioni, costò, allora, questo sviluppo e stampa.
Facemmo tutto questo per vincere a Venezia. A Venezia Carmelo vinse il Premio Speciale della Giuria; non vinse il Leone d’oro, anche se tutta la giuria voleva darglielo – però, visto che non l’avevano dato l’anno precedente al tedesco Alexander Kluge, quell’anno furono costretti a dare il Leone d’oro a Artisti sotto la tenda del circo, perplessi, che non era un capolavoro. I giapponesi protestarono, tutti dissero che era un’ingiustizia, però andò così.
Naturalmente, dopo aver vinto il Premio Speciale della Giuria a Venezia, eravamo certi di vincere anche il “Premio di Qualità” del Ministero. Niente. Non ci hanno dato il Premio di Qualità. L’hanno dato – mi pare – a Riusciranno i nostri eroi a ritrovare il loro amico scomparso in Africa?. Non so, film di questo genere hanno avuto il “Premio di Qualità”, “Nostra Signora”, no. Tutti i nostri debiti dovevano essere saldati con i quaranta milioni del Premio: quindi può immaginarsi la disperazione di Carmelo. Il giorno dopo, Carmelo andò in questura a dire: “arrestatemi!” “Arrestatemi perché io voglio uccidere il ministro dello Spettacolo” – che era allora Matteotti. “Ma noi non possiamo arrestarvi!” “Arrestatemi perché adesso vado al Ministero e lo uccido”. Naturalmente questa cosa fece scalpore sui giornali e ci dettero una piccola sovvenzione di cinque milioni, che servì a far fronte alle piccole spese. Poi facemmo causa e vincemmo il ricorso al Consiglio di Stato.
Carmelo moralmente vinse il “Premio di qualità”, ma i soldi erano già stati tutti spesi, quindi non li abbiamo mai avuti.
A.Z.: Che ricordo ha di “Nostra Signora dei Turchi”?
LYDIA MANCINELLI: Nostra Signora dei Turchi è nato come romanzo a Santa Cesarea, nella casa dei genitori di Carmelo, sul mare. L’ha scritto di notte. Naturalmente non aveva un editore. Andò a Milano, da Pini, della Sugar, e disse che aveva trovato un manoscritto di un monaco. Glielo pubblicarono.
A parte il primo incontro, Nostra Signora dei Turchi è stata la mia esperienza più bella con Carmelo Bene. Ho un bellissimo ricordo, sia della versione teatrale, la prima, quella del Beat 72, sia della versione cinematografica. Lì dentro c’era la nostra vita: era tutto molto autobiografico – per cui siamo nell’opera entrambi, lui come artista, io come suo “secondo amore”. La prima moglie di Carmelo era il primo amore: io, per lui, ero il secondo, quello che “lo perdonava” sempre. “Ti perdono, ti perdono, ti perdono”…
Santa Margherita, ero io. Questa santa, che l’ha assistito in tutto, che addirittura per compiacerlo faceva in modo di interpretare il suo primo amore, che per amore di lui prendeva le sembianze del “primo amore”! Naturalmente, poi, vendicandosi, perché era anche gelosa questa santa… Come dice il frate: “quella santa è una donna”.
La storia poi era veramente profetica, se si pensa che è stata scritta nel 1964: alla fine è la santa che risale sull’ altare e lo abbandona. Ed è quello che è successo, tra noi, nel 1983.
Ci sono tanti particolari che ricordo, del film, ma soprattutto uno: quando abbiamo girato l’ultima scena, proprio quella in cui io risalgo negli altari, nella chiesa sconsacrata. In una pausa luci, sono uscita fuori in costume, a fumare una sigaretta in attesa che rifacessero il set. Passa un camioncino e fa una frenata – credo che abbia pensato di vedere un’Apparizione Divina. Poi torna indietro, fa marcia indietro, poi riparte. Dopo un’ora tutto il paese è venuto fuori della chiesa. Tutti volevano baciare la veste della Madonna! e noi non potevamo più lavorare, perché c’erano duecento persone che ce lo impedivano, così ci chiudemmo dentro la chiesa diroccata e sprangammo la porta.
Allora vennero i carabinieri a dirci: guardate, che se non fate baciare le mani, i capelli, le vesti della Madonna, questi non se ne vanno. Così sono stata due ore con i fedeli che mi toccavano e mi baciavano e mi dicevano: “Quanto sei bella! Pari proprio la Madonna….” – questo è un ricordo che mi accompagnerà tutta la vita…
[FINE PRIMA PARTE]