Il 19 dicembre 1998 la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti (che ha funzioni, in casi come questo, di pubblico ministero) avviò il processo di impeachment a Bill Clinton, formulando nei confronti del presidente in carica l’accusa di “spergiuro” (“Perjury”) e di “ostruzione alla Giustizia”. Le due imputazioni derivavano dalla causa intentata a Clinton dalla giornalista Paula Jones, che l’aveva denunciato per molestie sessuali. Il presidente venne poi assolto il 12 febbraio 1999 dal Senato (aula giudicante nei procedimenti di impeachment). Altre due imputazioni (un secondo “spergiuro” e l’accusa di abuso di potere) non arrivarono neppure all’attenzione dei Senatori. Bill Clinton fu il secondo presidente nella storia americana, dopo Andrew Johnson nel 1868, a subire un processo di questa natura.
I- La Parola Data
In un’epoca post-barbarica, il Potere della Parola ha assunto una valenza superiore o per lo meno uguale alla bruta forza dei muscoli o delle armi. Bisogna saper usare la Lingua, oltre che la Spada, l’Intelletto, oltre che il Coraggio.
Perciò le Astuzie meglio congegnate hanno attinto vette di Fantastico, e di Assurdo, anche nel campo del Linguaggio. Nell’esercizio, ad esempio, dello Spergiuro. Basti pensare a quei casi, in cui si “prende alla lettera” un enunciato, o la “parola data”, per ribaltare i termini di un accordo, lasciando gabbati e disarmati gli interlocutori. Lo Scaltro è sicuramente un maestro nel rovistare tra le pieghe del Linguaggio, per trarne trappole e opportunità vantaggiose.
Ci fu un re, Antioco, che – sconfitto in battaglia da Labeone – patteggiò una resa onorevole, secondo la quale avrebbe dovuto consegnare soltanto metà della propria flotta al vincitore. Lui rispettò il giuramento ma fu ugualmente raggirato. Dice Valerio Massimo, appunto, nei suoi Detti e Fatti memorabili: di “Labeone raccontano che, dovendo ricevere secondo i patti dal re Antioco da lui vinto la metà delle navi, le tagliò tutte in due per privarlo dell’intera flotta”.
Difficilmente un re manca alla parola, specie se, mantenerla, può dargli un brivido di soddisfatta malvagità. Oco, in seguito chiamato Dario – lo testimonia ancora Valerio Massimo –, era “obbligato da un giuramento inviolabile a non uccidere né con veleno, né con armi né con atto alcuno di violenza né per fame alcuno di quei congiurati che insieme a lui avevano tolto di mezzo i sette Magi”.
Ma non per questo desisté dall’ecatombe: anzi “escogitò un genere di morte ancora più crudele, col quale eliminarli senza violare il sacro vincolo. Circondata con alte pareti un’area, la riempì di cenere e, sovrappostavi una trave sospesa, ve li collocò ben rimpinzati di cibo: così quelli, colti dal sonno, finirono per cadere sul mucchio di cenere insidiosamente mortale” e soffocarono.
Maometto II promise al veneziano Paolo Erizzo, governatore dell’isola di Negroponte, che, se si fosse arreso, avrebbe avuta salva la testa. L’assediato consegnò le armi. Il sultano dei Turchi lo fece tagliare nel mezzo, in due distinte metà, giustificandosi che così non aveva mancato di parola. Narra Demetrio Cancondila che questo imperatore, fiorito nel XV secolo, come “estremo supplizio” amasse molto “far tagliare gli uomini in due parti lungo la cintura, nel punto del diaframma e con un sol colpo di scimitarra: per cui accadeva che essi morissero come di due morti in una volta; e si vedeva […] l’una e l’altra parte piene di vita agitarsi a lungo travagliate dal tormento”.
Gli abitanti di Locri giurarono di osservare il loro trattato d’alleanza e di pace con i Siciliani, come se fosse sacro, fintantoché avessero calpestato la terra su cui camminavano e finché avessero avuto “le teste sulle spalle”. I Siciliani furono tranquillizzati; ma esattamente un giorno dopo aver siglato quel patto inviolabile, i Locresi, sorprendendoli disarmati e in atteggiamento amichevole, li massacrarono tutti e senza pietà. Né li si poté rimproverare d’aver rotto il trattato: infatti quando giurarono, con un abile sotterfugio avevano riempito i loro calzari di terra , e nascosto sotto il mantello, all’altezza delle spalle, delle teste d’aglio. Una volta liberatisi di questa zavorra, nulla poté trattenerli dallo sterminio totale dei nemici.
Si può leggere questo racconto machiavellico e veritiero negli Stratagemata del macedone Polieno.
Le più raffinate e crudeli intelligenze della Storia hanno sempre provato una gioia selvaggia nell’infrangere un Patto in modo talmente astuto che poi non li si potesse rimproverare, o punire, per non averlo onorato. Non è, questo, un sottogenere di truffa, in quanto non si circuisce l’ingenuità altrui, né si ricorre alla suggestione, alla millanteria o ai falsi titoli. Nel caso di uno Spergiuro incensurabile, è l’elemento Logico che prevale. E la Logica del Raggiro è tipicamente “fantastica”: specialmente quando può applicarsi sulla Letteralità. D’altra parte tutto il Fantastico, ancor più del Mitico, può essere assimilato a una “Malattia del Linguaggio”: l’uso che si fa, anche in Letteratura Fantastica, del “Letterale”, sta lì a dimostrarlo.
II- Precauzioni Prematrimoniali
Se pensa al proprio futuro, il fidanzato che attende le nozze non sempre è felice. Trovandosi alle strette, o per aver compromesso una fanciulla, o per qualche altra pressione parentale che non approva, il promesso sposo può tuttavia aggirare gli obblighi assunti in precedenza con alcuni trucchi innocenti consentiti persino dalla Chiesa. Li insegna Tommaso Sanchez, gesuita spagnolo del Settecento, autorità indiscussa nel campo della morale (e persino dell’igiene) matrimoniale, il quale senza titubanze afferma: «l’uomo al quale si fa giurare di sposare una ragazza può prestare giuramento sottintendendo “se ci sono forzato” o “se più tardi ella m’aggraderà”; cosa che non obbliga ad alcunché. […] Per giurare senza obbligarsi, è (anche) sufficiente storpiare le parole. Dite: uro, sopprimendo la j. È come se voi diceste brucio, in luogo di juro, che significa: io giuro. Non è che una piccola menzogna veniale e facile a perdonare».
Tipica della Mentalità Cattolica, è una certa “condiscendenza verso lo spergiuro”: più – che un’apertura mentale; più – che tolleranza.