I- Per secoli la ricorrenza della “Circoncisione di Gesù” è stata considerata una “Festa” fondamentale nel calendario liturgico dalla Chiesa Cattolica: ciononostante, dopo il Concilio Vaticano II, è stata drasticamente abolita e permane, in Italia, solo nel rito ambrosiano. Eppure non si può negare l’importanza di questa solennità, che fu fatta coincidere appositamente col primo giorno dell’anno, occultando la tradizione pagana collegata al primo gennaio.
Innanzi tutto perché, con la Circoncisione, Gesù ebbe il nome di Gesù, come era stato annunciato a sua madre, Maria.
Lo certifica il Vangelo di Luca (2, 21-3): “Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre. Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore”.
Festa decisiva, in secondo luogo, perché il prepuzio resecato di Gesù bambino rappresenta indubbiamente l’anello di congiunzione tra Vecchio e Nuovo Testamento. La prova che il Cristo osservava la Legge dei suoi antenati ebrei e apparteneva, alla nascita, a quella religione.
Cruciale, per l’israelita, è infatti la Circoncisione: segno carnale del Patto indissolubile tra la Divinità e il suo Popolo.
II- Grazie ai privilegi promessi e concessi al patriarca Abramo, e raccontati nella Torah – come l’ebbe in dono Mosè –, i Rabbini si sono spinti fino a affermare che nessun Ebreo circonciso potrà mai essere precipitato nell’Inferno: il Ghehinnom (la Geenna dei Vangeli), dove brucia un fuoco eterno.
Ma questo vale in linea puramente teorica. La regola sarà applicata con astuzia.
All’imbocco dell’Inferno, c’è un bivio, sorvegliato da Abraham, dove al peccatore sarà restituito un prepuzio, non il suo, ma uno posticcio. Per punire gli Israeliti “che hanno peccato oltre misura”, si sa che Abramo “prenderà i prepuzi dei bambini morti prima della circoncisione, li applicherà a quei peccatori e li farà discendere nel Ghehinnom”. Se questi prepuzini non fossero sufficienti, non per questo i malvagi la farebbero franca: «Gli Israeliti circoncisi non discenderanno nel Ghehinnom, ma affinché gli eretici e i peccatori non possano dire: “Poiché noi siamo circoncisi non discenderemo nel Ghehinnom”, che fa il Santo che benedetto sia? Invia un angelo a stirare loro il prepuzio e così discendono nel Ghehinnom».
III- Secondo la tradizione, fu la Vergine stessa, Maria madre di Gesù, a conservare il prepuzio di suo Figlio. Se ne smarrirono le tracce per qualche tempo, finché un angelo lo consegnò a Carlo Magno, e questo imperatore lo donò, pare, a sua volta, sia ai canonici di Charroux, sia al papa di Roma, Leone III, quando fu incoronato. Questo sdoppiamento un po’ sospetto non fu il solo: sostengono altre leggende che lo stesso rimasuglio o “sacro pegno” trovò ospitalità in molti altri ricettacoli europei.
Contemporaneamente, e mai ubiquamente.
In Italia, il più famoso di tali divini frammenti carnosi fu custodito per più di quattro secoli a Calcata, nel Lazio. Dicono l’avesse sottratto al tesoro del Vaticano un lanzichenecco, durante il sacco di Roma, nel 1527. L’armigero poi disertò, e per non essere a sua volta scoperto e depredato del bottino, nascose il reliquiario che conteneva il prepuzio in una grotta, nel feudo di Calcata, seppellendolo nel letame. Pentitosi, in extremis, dell’atto sacrilego, rivelò a certi monaci il posto, e il reperto anatomico effettivamente fu lì ritrovato nel 1557. Rimase visibile al pubblico, ogni primo gennaio, fino al 1984, quando – misteriosamente – fu di nuovo rubato dalla sagrestia della locale parrocchia. E da allora è scomparso.
La presenza simultanea, dal Medioevo fino e oltre l’Ottocento, di almeno 15 “prepuzi di Gesù Bambino” in alcune chiese della cristianità, sia pur consolatoria per i devoti propensi a esaltarne i miracoli, suscitò al tempo stesso notevoli imbarazzi tra i teologi. Non tanto per il numero, e nemmeno per la loro autenticità.
Kemmerich, autore di Kultur Kuriosa, enumera a questo proposito una serie di perplessità nient’affatto irrilevanti. Per esempio, se Gesù è risorto col suo corpo, come si resuscita nel Giorno del Giudizio, il suo prepuzio (tagliato via dalla sua carne a otto giorni d’età) non doveva tornargli indietro in quel momento? O è stabilito che lo riavrà indietro solo l’Ultimo Giorno?
Altro quesito: se nell’Eucaristia c’è tutto il corpo di Gesù, quel corpo è provvisto di prepuzio, o no?
Il dottissimo Francisco Suárez – nel De Incarnatione (II, 47) – considerò conchiuso questo dibattito osservando: che il Cristo era asceso presso il Padre con un nuovo prepuzio, formato dalla stessa materia che faceva parte del proprio corpo in quel momento, cosa più che sufficiente alla sua Perfezione; e che concedere una sua pellicina alla devozione dei fedeli fu anch’esso un modo di preservare la propria Integrità, sopra ogni altro aspetto, dal punto di vista morale.
Per parte sua, alla fine del Settecento il marchese Cesare Sinibaldi Gambalunga, padrone di Calcata (terra che custodiva l’invidiato cerchietto di carne) risolse la disputa rovesciandone la prospettiva. Il feudatario sostenne, con ragguardevole arroganza, che la sua casata era certa di possedere il “vero” prepuzio di Gesù, e che spettava casomai ai teologi spiegare come fosse possibile che il Cristo avesse lasciato sulla terra un simile relitto. Tuttavia, se anche costoro non fossero stati capaci di chiarirne il motivo, il fatto rimaneva, e era provato.
Infatti la reliquia dell’ “adorata membrana”, una volta scoperta sotto i cumuli di letame, e portata in un palazzo nobiliare, aveva subito espanso nell’aria, esalando, una celestiale “fragranza”, che durò giorni; e lo stesso Benedetto XIII aveva confermato con la sua autorità papale questo miracolo, salutandolo in un famoso sermone dal titolo: “Dello strumento adoperato nella Circoncisione del Divino Pargoletto, e del Prepuzio Sagrosanto di esso“.
Inoltre, quando, il primo gennaio 1559, al termine d’una processione, il sacerdote aveva poggiato sull’altare lo scrigno prezioso che conteneva il reperto, su di esso s’era formata una nube così densa, che inghiottì tutti, tanto che “per lo spazio di quattro ore in circa, niuno scorgeva il vicino”. E poi, tutti i presenti furono concordi nel testimoniare che in quella nuvola brillavano “precipitose stelle”, e che “lampi di fuoco” si susseguivano, abbagliando e atterrendo i fedeli: per cui “in ogni bocca risuonava la stessa voce interrotta da affannosi singhiozzi, che implorava pietà”.
Nel caso questi eventi portentosi non fossero sufficienti a convalidare la Reliquia, Sinibaldi Gambalunga riferisce un terzo miracolo, ancora più sottile nei suoi intenti, ma egualmente esplicito. Papa Paolo IV mandò due suoi canonici a verificare i prodigi avvenuti a Calcata. Uno di essi, di nome Pipinello, avuto il Prepuzio tra le mani, malaccortamente lo sprimacciò con due dita e lo ruppe. Ne rimase, da una parte, un frammento non più esteso d’un “picciolissimo cecio”, e dall’altra un “granellino” appena grande come un “seme di canapa”. La goffaggine, forse colposa, non passò inosservata nelle più alte Sfere: “sembrò sdegnarsi a quel fatto il Cielo, oscurandosi d’improviso l’Aria, sparita, a giorno altrove chiarissimo, da quel sito ogni luce, aggiuntovi l’orrore di tuoni, e folgori, ed accresciuto lo spavento, da cui parevan i circostanti ridotti all’agonia…”. Si ripose l’astuccio, e tutto cessò.
Non c’è migliore notaio del Cielo (compresi i suoi fenomeni atmosferici) per attestare la verità di certe Leggende, e l’autenticità di certe Reliquie.
Allora però sconcerta e fa riflettere l’indifferenza che dimostrarono le stesse Potenze, quando l’ “adorabilissimo Prepuzio” di Gesù fu trafugato da mani ignote nel 1984. C’è chi dice che il silenzio assordante con cui il Vaticano commentò il sacrilegio di Calcata, fosse indice d’un indubbio sollievo.
[in copertina: La Circoncisione di Cristo, di Federico Barocci (1590)]