I- Se la Fede dei Cristiani è quella vera, allora, come afferma Kierkegaard, noi non “saremo” dannati, dopo la Morte, in ragione delle nostre colpe: noi “siamo” dannati, fin dalla nascita, a causa del Peccato Originale. Questo, secondo Kierkegaard è il “presupposto” della Religione Cristiana. Ci è stata data come dono un’intera e spesso troppo lunga vita, proprio per sfuggire a quella atavica sentenza già passata in giudicato. Detto in termini sportivi, la nostra è una partenza a handicap.
“Ogni donna gravida ha il diavolo nel ventre”, è scritto in una relazione sull’eresia catara e manichea in Provenza: “Quando mulier est prægnans, habet diabolum in corpore”. Ma anche secondo la dottrina ufficiale della Chiesa, uomini e donne, appena giungono nel mondo, sono già prede del demonio. Infatti, nota Voltaire, il sacerdote, battezzando gli infanti, chiede a quelle “creaturine” se hanno sincera l’intenzione di rinunciare all’inferno, “e il padrino, che risponde per loro, è abbastanza buono da rispondere di sì”. Lo riconosce il Catechismo dei Cattolici (§ 1673): “in una forma semplice, l’esorcismo è praticato durante la celebrazione del Battesimo”.
A detta di Michelet, c’è una sola religione che ha reso dannati i poppanti, ed è quella cristiana. Perciò, fin dalla nascita al fedele è indispensabile il Battesimo, che lo libera di tutti i peccati, anche di quelli di cui è innocente, e lo indirizza senza tentennamenti alla salvezza eterna.
Ci si può mondare al fonte battesimale solo una volta, nella vita. Di conseguenza, proprio perché ogni mortale, da subito, è destinato all’inferno, pare ragionevole ai cristiani d’oggi anticipare il rito del Battesimo ai primi giorni di vita, liberandosi di ogni colpevole fardello prima possibile. Nei primi secoli, però, i seguaci del Cristo la pensavano esattamente all’opposto. Tant’è che ai più accorti tra loro – giustamente – pareva logico procrastinare il più possibile questo sacramento. Famoso, in questo senso, fu l’esempio dell’Imperatore romano Costantino I, il Grande, che si fece battezzare sul letto di morte. Ecco come ragionò quel Principe, secondo un indignato Voltaire: “il battesimo purificava tutto: posso dunque scannare mia moglie, i miei figli e tutti i miei parenti; dopo di che, mi farò battezzare e andrò in cielo”. Come difatti accadde. Tant’è che Dante (canto XX) lì lo vide, in Paradiso.
II- Inteso come Rito della chiesa, il Battesimo consiste in una lavanda – immersione, infusione o aspersione che sia –, nell’acqua benedetta, accompagnata da una formula canonica precisa.
Contrariamente a Ebrei e Musulmani – assai più tolleranti nel caso di abluzioni come queste – i vescovi e i concili dei cristiani si sono sempre rifiutati di ammettere che il battesimo potesse essere eseguito con liquidi diversi dall’acqua, anche in casi d’emergenza. Chi utilizza, per esempio, il latte (persino quello materno), l’alcol, o – vorrei aggiungere – la saliva, (sostanza umida così copiosa, a buon mercato, sempre presente), rende immediatamente nullo il Sacramento.
I teologi non fecero concessioni neppure alle asprezze della Geografia: la sabbia, per esempio – riferisce sempre l’informatissimo Voltaire – è esclusa, anche se il battezzando rantola nel deserto più arido. Eppure non sembra giusto, al profano, finire all’Inferno solo per una crisi di siccità, un foro nelle tubature, una deprecata vacanza dell’idraulico.
III- Quelli che nell’immaginario dei secoli passati venivano giudicati “Scherzi di Natura”, non erano neppure sicuri di poter accedere al fonte battesimale. Nel Dictionnaire de Cas de Conscience dell’Encyclopédie Théologique, pubblicato a metà dell’Ottocento dall’abate Migne, si certifica: «Non si deve mai battezzare un mostro, quando non ha nessuna forma o figura umana. Ma se si dubita che sia comunque un Uomo, bisogna battezzarlo sotto condizione: pronunciando la formula “Si es Homo”».
Si dà pure il caso che al sacerdote venga presentato un neonato con due teste, di cui solo la prima appare sufficientemente modellata. In questa evenienza, si deve innanzitutto “battezzare il bimbo sulla testa ben formata, nella forma ordinaria, concepita in termini assoluti, e battezzarlo in seguito sull’altra testa, che è malformata, sotto questa condizione: Si non es baptizatus, ego te baptizo, ecc. Questa decisione è di san Carlo Borromeo”.
IV- Interessante è anche la risposta del clero cattolico a una domanda che in una materia delicata come questa, combinatoriamente, potrebbe sorgere spontanea – e cioè: è valido l’autobattesimo? Il già citato Dictionnaire de Cas de Conscience sviscera, in ipotesi, il caso (n. XXIX) di Salomone, ebreo, che «accorgendosi di essere vicino a morire in un deserto, volendo farsi cristiano, s’è battezzato da solo» utilizzando la formula giusta e completa, cioè col “te baptizo”, come se lui stesso fosse un altro. È valido il Sacramento Schizofrenico?
Risposta: no, è nullo. Per tre ordini di motivi, ma soprattutto per il fatto che, se fosse possibile battezzarsi da soli, Gesù Cristo l’avrebbe fatto per primo, dando l’esempio, ai tempi di Giovanni il Battista. Il patriarca dei patriarchi Abramo, è bene ricordarlo, circoncise se stesso, mentre a Gesù non venne neppure in mente di autobattezzarsi.
Il povero Salomone, giudeo e solipsista, finirà dunque all’Inferno? Non è detto: se il “desiderio” ardente d’essere battezzato manifesta una reale contrizione, in questo caso può anche essere – concede generosamente papa Alessandro III –, che per quell’Ebreo s’aprano i battenti del Cielo. Così avvenne per Traiano idolatra e imperatore dei pagani, quando fu resuscitato ad hoc da Gregorio Magno. Altra figura di Beato insospettabile nella quale si imbatté Dante, giunto nel cielo di Giove.
V- L’ottocentesco Dizionario dei “Casi di Coscienza” si interroga pure, su cosa succede all’anima del battezzando, nel caso il Sacramento sia interrotto per intercorsa apoplessia di uno dei padrini o dei genitori, nel momento in cui è in corso il rito. Supponiamo che il prete abbia già pronunciato: “Ego te baptizo…” e che esattamente a questo punto uno degli astanti stramazzi fulminato a terra. La cerimonia allora si ferma, e il sacerdote officiante concorre a prestare i primi soccorsi. Ci avverte il Dictionnaire: se il prete fa solo una breve pausa, e poi subito riprende a pronunciare le altre parole della formula, bene; se no il battesimo è nullo (tesi che si basa sull’autorità di San Tommaso).
VI- Anche chi non è sacerdote, in occorrenze estreme, può battezzare colui che ne ha bisogno, purché usi l’acqua e utilizzi tutte le espressioni previste dal rituale.
La formula del rito, obbligatoria fino al Concilio Vaticano Secondo, in latino, recitava: Ego te baptizo in nomine Patris, et Filii, et Spiritus sancti, etc., ma il Sacramento era nullo se si diceva nominibus invece che nomine, o in nomine Matris, invece che Patris. Non era tollerata nessuna sgrammaticatura, né era lecito storpiare la formula col latino dei bifolchi, maccheronico. Si invalidava il Sacramento anche nel caso l’errore fosse stato fatto da una levatrice analfabeta, che avesse battezzato un bimbo moribondo appena estratto dal ventre della madre, al solo scopo di salvarne l’anima dal Fuoco Eterno.
VII- Si è dannati per sempre, anche ai nostri giorni, se il prete che ti battezza, sia pure ignaro, non è stato a sua volta battezzato, oppure nel caso che sia stato battezzato “male”.
A questo proposito, il Vaticano, nel febbraio del 2024, ha diramato la nota “Gestis Verbisque” ribadendo che: modificare “la forma di un Sacramento o la sua materia è sempre un atto gravemente illecito e merita una pena esemplare, proprio perché simili gesti arbitrari sono in grado di produrre un gravoso danno al popolo fedele di Dio”.
Il richiamo non ha carattere formale o accademico, ma si è reso urgente e necessario di fronte al “moltiplicarsi di situazioni in cui si è stati costretti a costatare l’invalidità dei Sacramenti celebrati”.
Il Dicastero preposto alla materia cita il caso delle modifiche alla formula del Battesimo operate da uffizianti malaccorti: ad esempio, “Io ti battezzo nel nome del Creatore…”; oppure: “A nome del papà e della mamma… noi ti battezziamo”.
Per fare un solo esempio di questo tipo di sciatteria: padre Andres Arango, della chiesa di San Gregorio, a Phoenix (Stati Uniti), per 26 anni ha sbagliato la formula con la quale ha battezzato i suoi piccoli fedeli, dicendo loro con solennità “ti battezziamo, ecc.” anziché “io ti battezzo”, come vuole il rito. Due generazioni di parrocchiani, centinaia di persone, sono state condannate, per questo eccesso d’umiltà, a ripetere il Sacramento. Adulti che si sono dovuti ripresentare coi padrini, come se fossero ancora in fasce.
E quel che è peggio, alcuni di loro non hanno potuto ripetere il Battesimo, perché non sono stati mai rintracciati.
Un Battesimo malfatto, innesca un circolo vizioso che rende irregolari tutti i Sacramenti successivi.
Nel caso, per nulla raro, che uno dei neonati “maldestramente battezzati” sia diventato poi a sua volta sacerdote, la sua stessa ordinazione va considerata non-valida.
Di conseguenza, tutti i Sacramenti officiati da questo religioso, anche quelli celebrati rispettando le norme, sono nulli.
In pratica, il più pio, devoto e benemerito dei fedeli, che non manca mai una messa o la somministrazione di una Comunione, può pure credere di essere cristiano, ma non è detto che lo sia, se ha incrociato il prete sbagliato. La Fede, in questi casi, pare non sia sufficiente. E così pure la Buonafede.
Immaginiamo, che il diavolo non si preoccupi minimamente di tentare questo cristiano invalido: sa già che è suo. Anche se se ne accorgerà solo mentre precipita all’Inferno.
VIII- Altra condizione irrinunciabile per il Sacramento – almeno fino al Settecento –: per essere battezzato, un nuovo cristiano deve essere nato. Non è lapalissiano: ci sono casi in ostetrìcia nemmeno rari nei quali – scaduto il termine della gravidanza – un bambino perfettamente formato e sano, voglioso, e preparato a uscire dal seno della madre, per una ragione o per l’altra non ci riesce, e rischia la vita. Si può battezzarlo? E come? Se la testa è fuoriuscita, o si notano altre parti del suo corpo, dicono i teologi cattolici: allora, sì. Altrimenti, sentenzia san Tommaso, se il corpicino è rimasto interamente nell’utero, “in nessun modo” si può procedere al rituale. Chi non è “ancora” nato, non può essere battezzato, per il semplice fatto che non fa parte del genere umano. Il che comporterebbe, a rigor di logica, che un bimbo ben formato, al nono mese, finché non fuoriesce dal ventre materno, è innocente come lo fu Adamo prima della Cacciata. E che si danna in pochi istanti, appena scivola giù dal primo pertugio che trova spalancato. Dico: in ipotesi. Il parto “cesareo” naturalmente (o meglio: innaturalmente) risolve molti di questi problemi.
Nel 1773 – fatto storico riscontrabile e vero – i dottori della Sorbona di Parigi si videro recapitare da un chirurgo il seguente quesito: se era permesso e lecito battezzare un bimbo nascituro moribondo, che durante il travaglio era rimasto rinserrato nel ventre materno, inserendo una cannuccia nella natura della partoriente, in modo che si potesse spruzzare, soffiando, un po’ d’acqua benedetta sulla sua ancora invisibile testolina. Il tutto, naturalmente, con la precauzione di non recar danno alla madre (sans faire aucun tort à la mère). Il Consiglio – fiducioso “che Dio non può lasciare questa sorta d’infanti senza il suo soccorso” –, si espresse favorevolmente, suggerendo che all’infelice creatura fosse propinato con la suddetta cannuccia un “battesimo sotto condizione” (legittimo, cioè, solo se valido nella stima del Padreterno); ma i Dottori tennero tuttavia a precisare che il loro parere non aveva valore, e che sarebbe stato meglio che il chirurgo sottoponesse il suo quesito direttamente al vescovo. Nella speranza che quest’autorità religiosa si rivolgesse poi al Papa, per un definitivo chiarimento sulla delicata materia .
La memoria del chirurgo parigino, e la replica del Consiglio dei Dottori della Sorbona, sono trascritti e commentati nel Tristram Shandy, il capolavoro letterario di Laurence Sterne. Shandy, per risolver la questione, avanza una ragionevole proposta a quel consesso di cattolici: e cioè, “umilmente chiede di conoscere se non sarebbe molto più spiccio e più sicuro battezzare tutti gli Homunculi” – ossia, diremmo in termini moderni, tutti gli spermatozoi maschili – “una volta sola, alla rinfusa, per iniezione, tra la celebrazione del matrimonio e la sua consumazione; sotto condizione come sopra, che, se gli Homunculi si svilupperanno bene e verranno al mondo sani e salvi, saranno ribattezzati singolarmente (anche se “sotto condizione”) – e purché, in secondo luogo, la cosa possa essere fatta, e il signor Shandy crede che si possa, “per mezzo di una piccola cannuccia e senza recar danno al padre(sans faire aucun tort au père)”.
Padre Pierre Jean Corneille Debreyne, nella sua Moechialogie, ricorda però che Benedetto XIV – papa dal 1740 al 1750 – voleva che si battezzasse il bambino comunque, anche se di lui, dal ventre materno, non sporgeva alcun membro. Una siringa o un piccolo sifone dovevano servire alla bisogna. Debreyne aggiunge che in questo caso bisogna essere assolutamente sicuri che lo spruzzo d’acqua benedetta e tiepida raggiunga la testolina del feto, e non si disperda nella placenta, altrimenti il battesimo è nullo. L’opinione dell’ecclesiastico finì direttamente nello Sciocchezzaio di Flaubert.
[in copertina: Battesimo di Gesù (mosaico di Ravenna)]