Più di 30 anni fa ideai per il Grifo, la rivista di Letteratura Disegnata ideata e diretta da Vincenzo Mollica, una serie di “Interviste Impossibili” a personaggi-culto del mondo dei Fumetti. Erano incontri doppiamente immaginari: perché in essi riesumavo, come intervistatore, il signor Gog, il miliardario psicopatico inventato da uno dei miei autori di Fantastico preferiti: Giovanni Papini.
Molti numeri di quella rivista preziosa e innovativa risultano introvabili. Ho pensato dunque di riproporre sul sito zzywwurathiano quel che ho scritto allora, e ringrazio, per avermelo permesso, Vincenzo Mollica e l’editore Mauro Paganelli.
Jena, 8 dicembre
I- Sull’aereo che mi riportava in Europa da Gotham City ho incontrato di nuovo mister Walker, ossia Phantom, “l’Uomo Mascherato”.
Eravamo seduti proprio accanto, e non ho potuto trattenermi dal ripresentarmi.
“Signor Phantom – dissi –, ci siamo visti da Bruce Wayne, ricorda? Mi dia la possibilità di conoscerla meglio. Non le pesa questa maschera, non l’annoia la permanenza tra un popolo selvaggio e di sgradevole profumo, come i Bandar?”
Phantom infatti, per chi non lo sapesse, risiede nelle impervie foreste dell’Estremo Oriente. Vuole la leggenda che l’attuale Uomo Mascherato sia l’ultimo erede di una nobile famiglia il cui capostipite fu depredato dai pirati nel Seicento. Abbandonato come morto, il primo Phantom giurò, sul teschio d’un amico ucciso, di vendicarsi di ogni forma di pirateria. Da allora ogni maschio primogenito della sua stirpe gli succede come giustiziere, indossando il medesimo costume e imitando in tutto il predecessore, tanto da alimentare, tra gli indigeni, la leggenda di un eroe immortale: l’Ombra che cammina…
“Io non concedo interviste!”, si scusò Phantom, che proteggeva le sue fattezze in calzamaglia con l’anonimo travestimento – cappotto, occhiali, cappello incalcato – di Mister Walker. In pratica, e a ben pensarci era una cosa davvero strana, lui si camuffava per nascondere che era mascherato.
“Non sono un giornalista”, replicai, “ma un miliardario che colleziona incontri con Uomini fuori del Comune, invece che rubini”.
A quel punto l’Ombra si interessò della mia età, delle mie occupazioni e delle mie esperienze.
“Lei può essere la persona giusta”, sentenziò. “Voglio da lei un parere su qualcosa che finora non ho mai mostrato a nessuno, nemmeno alla mia fidanzata… Mi segua nella Toilette!”
Nonostante un certo imbarazzo, lo seguii.
L’aereo ronzava a settecento metri di quota, sull’Atlantico, e il WC era talmente stretto che, assunta una posizione, la si doveva mantenere anche a costo d’anchilosarsi.
Con mia enorme sorpresa Walker si tolse occhiali, cappello e sciarpa e, dopo aver svelato sotto quell’imbottitura le fattezze di Phantom, con un gesto reso scomodo dalla promiscuità obbligata, ma denso di oscuri significati, si denudò il viso.
Calò la maschera, che gli rimase penzoloni intorno al collo, come la buccia di un insaccato, mentre lui mi fissava con occhi penetranti.
Disse: “Mi mostro a lei perché non ci rincontreremo mai più… Come le sembro?”
“Tutto regolare” – risposi. “Alla sua fidanzata piacerà…”
“Non è questo che le sto chiedendo… Quanti anni mi darebbe?”
“Dai 22 ai 25, giusto?”
Volli evitare gaffe: ne dimostrava forse pochi di più…
“NO!”, ruggì Phantom, “non è giusto! Guardi bene, vede una ruga sul mio volto? Qualche segno, anche impercettibile, d’invecchiamento?”
Lo osservai quasi spazientito. Non mi aspettavo quel triste spettacolo di vanità da quell’Uomo leggendario, che aveva combattuto la criminalità per sette mari e cinque continenti!
Lui aggrottava la fronte e strizzava gli occhi ma la sua pelle era talmente giovane, liscia e rosata che nessuna smorfia violenta riusciva ad incresparla o a raggrinzirla.
Qualcuno bussò con furia alla porta.
“Dia retta a me”, dissi all’Uomo Mascherato con un buffetto paterno, “lei è un bel ragazzo. Si sposi. Metta su famiglia, e ci regali un altro piccolo Phantom giustiziere!”
L’Ombra si sedette di schianto sul WC e mi congedò con aria affranta, mentre chi batteva alla porta diventava sempre più violento e brutale.
“Grazie”, sussurrò – ma il suo viso comunicava sconforto e disprezzo. “Mi lasci solo, adesso…”
Uscii dalla ritirata un po’ interdetto. Una ragazza era in attesa, fuori della porta. Cercai di scusarmi con lei, ma non me ne diede il tempo, perché – era avvenente, con labbra tumide e sprezzanti – mi premette un revolver all’altezza del costato.
“In riga con gli altri, corpo sciolto!”, mi intimò. Tutti i passeggeri erano seduti al loro posto con le braccia conserte in alto, dietro la nuca. Tranne i piloti e le hostess che, in piedi e con le mani bene in vista, stavano acquattati contro il tramezzo della cabina. Quattro ragazze tenevano equipaggio e passeggeri sotto la minaccia delle armi. L’aereo era stato dirottato dalle Piratesse dell’aria, la fantomatica “Freccia d’oro”.
Non mi dilungherò a raccontare quello che accadde dopo. Mentre consegnavamo portafogli e gioielli, si aprì la porta del WC e ne uscì Phantom in tenuta da combattimento. Sembrava avesse pianto.
Aggredì le piratesse con un assalto suicida, da fiera assetata di sangue e di coraggio. Quelle, spararono. Benché ferito, L’Ombra che cammina ne ebbe ragione.
Un paio cercarono di baciarlo, durante la lotta. Poi, ingelosite, si spararono tra loro.
II- All’aeroporto di Jena, dove ci fu l’atterraggio di emergenza, ci attendevano le scuse della compagnia, il cellulare della polizia, due feretri, e quattro ambulanze. Una era per Phantom, l’Uomo Mascherato.
Non potevo andarmene da Jena senza ringraziarlo. Aveva rischiato la vita per noi. E poi volevo approfittare per dargli un’altra occasione di parlarci, visto che la prima mi aveva davvero deluso. Dopo il vanesio, dopo il gagà, volevo sentire le ragioni dell’Eroe, del Uomo che avevo visto all’opera, che sprezzava il pericolo e la morte.
Tra l’altro, in quei giorni uscì il fumetto sulla sua impresa dell’aereo. In una vignetta sono ritratto con discreta somiglianza, anche se faccio la figura del pauroso.
Quando pensai si fosse ristabilito, andai a cercare Phantom all’Ospedale, dov’era registrato come Walker. “Un altro americano! Un altro giornalista! Non ne possiamo più! – protestò la caposala, una suora – Guardi, vada via, non diamo informazioni sui degenti!”
“Non sono un giornalista, ma un vecchio amico…”
“Ha detto la stessa cosa quello là”, argomentò la religiosa, indicandomi un marcantonio tirato a lucido che sedeva in un angolo, girandosi il cappello tra le mani a mo’ di trottola. “Come se non lo riconoscessimo!”
Lo guardai bene. Aveva l’inconfondibile ricciolo unto sulla fronte, gli occhiali tondi, la faccia da reporter. Era Clark Kent. Mi avvicinai per salutarlo.
“Fila via, scamorza – mi disse arcigno. “Per Phantom ci sono prima io”.
Non avevo voglia di discutere, me ne andai. Nell’atrio c’era un barelliere. Gli allungai una mancia. “Cercate tutti questo Walker, eh?” – mi disse in confidenza. “E non vi hanno detto dove sta, scommetto! È inutile che perdiate tempo qui … Il vostro amico è al Cimitero!”
Mi traballarono le gambe. Possibile? L’eterno Uomo Mascherato? Morto?
“E quando torna?”, mi sfuggì detto, una di quelle domande che dopo ci si vergogna d’aver fatto, senza pensare…
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