Un “inedito” di Adan Zzywwurath [1981]
Naturalmente la morte di A. G. è sfuggita a tutti i giornali italiani, che sono stati coerenti e impassibili con lui negli ultimi 46 anni. Se ne sono accorti all’estero, dove “La Tribune” gli ha dedicato due colonne, e nessun altro. Era compromesso con il fascismo, come tutti sanno, ma anche a quell’epoca pubblicò i suoi due libri migliori, e con uno pseudonimo. Poi si ritirò in un convento, a Bre***, dove, debbo questa scoperta a “La Tribune”, per 46 anni non ha mai smesso di scrivere.
Si era rifiutato di diventare frate, e anche quando tutti gli facevano notare che era certo il più pio di tutta la compagnia, rispondeva: “Non Sum Dignus”. Questa professione di umiltà sarebbe straordinaria, e lo proietterebbe adesso verso una quasi certa beatificazione, se le carte (a questo punto, ritengo, messe in giro a bella posta dal convento), non gettassero sulla sua esperienza spirituale più di un sospetto. Mi riferisco soprattutto al Dialogo con l’Angelo, di cui “La Tribune” cita i paragrafi più significativi.
Un Angelo chiede ospitalità in un convento, a condizione che nessuno sappia del suo arrivo. Il Priore vorrebbe ben pubblicizzare la cosa, che va a tutto vantaggio del cattolicesimo, ma l’Angelo chiede e ottiene l’assoluto segreto e anonimato durante la sua permanenza. In cambio, i frati potranno rivolgergli cinque domande sulla Verità.
Esiste Iddio? Sì, risponde l’Angelo, semplicemente, e non aggiunge altro. E il Paradiso? E l’Inferno?, chiede un confratello. L’Angelo lo invita a riformulare la domanda “in modo da ottenere risposta”. Interviene un frate teologo, che domanda: “Esiste un luogo dove l’anima immortale dell’uomo ottiene un premio o una punizione, dopo la morte?”.
L’Angelo ribatte: l’anima dell’uomo non viene punita o premiata, per il fatto semplice che non gli sopravvive.
Al che, c’è gran scandalo tra i frati. “Come, l’anima non è immortale?”. No – spiega l’Angelo con dolcezza–, l’anima è immortale, perché non muore mai, fintanto che l’Uomo è in vita. Perché vi stupite, aggiunge, non vi sembra già un miracolo, che abbiate un’anima, e che quest’anima ve l’abbia data Iddio? E che non muoia fino a che voi non morite? Non è già sublime, questo? Volevate un’anima instabile e malata, che morisse prima di voi, o dopo di voi, quando è inutile?
Poi l’Angelo si ritira sua nella cella inaccessibile, perché, dice, gli sono state già rivolte cinque domande. I frati protestano, ma non c’è verso di convincerlo. Finché il priore lo agguanta saldamente per il peplo e gli chiede, con severità: “A quest’ultima domanda, devi risponderci: CHI SEI TU?”. E lui serafico: un ANGELO. “Anche Lucifero lo era!” gli urla il priore, e l’Angelo, prima di rinserrarsi, in modo irrimediabile, dentro la cella, gli risponde: “Lucifero era un Angelo, e lo è ancora”.
[in copertina: Office at night, di Edward Hopper]