I- Non che, con questo, si meritino la mattanza cui vengono sottoposti sotto Natale o in prossimità del Thanksgiving Day, i Tacchini, però, non sono affatto animali amichevoli o mansueti.
Boileau, il celebre poeta Boileau, anche se faceva di tutto perché la voce non si propagasse, “era eunuco”. A causa uno dei più strani e agghiaccianti accidenti che possono evirare un maschio. Lo racconta l’ammirevole Encyclopédiana. Era appena un fanciullino e, in campagna, inseguiva un Tacchino arrabbiato, con l’intenzione di batterlo di santa ragione. Ma “la bestia furiosa gli si ritorse contro, lo gettò in terra e a colpi terribili di becco lo ferì, ingiuriandogli le parti stesse dove Abelardo fu castigato con tanta ingiustizia e barbarie”. Non ci fu verso, per il chirurgo, di ricucire le parti più delicate dell’infante, sbranate dall’adunco becco del pennuto.
II- É compito dell’umorista (come del letterato fantastico), suggerire ipotesi: immaginare infatti vuol dire ipotizzare sotto forma di racconti e figure. Queste ipotesi potrebbero essere altrettanto serie di quelle scientifiche, filosofiche e teologiche, se solo l’autore ne avesse l’intenzione. Serie, si dice: non si pretende, poi che siano anche “vere”. In ogni caso, l’autore si rivolge al lettore: avete mai pensato a questa possibilità? Sotto la cifra del comico, lo induce, se vuole, a riflettere, oltre che a ridere. Il Linguaggio, una volta che sia affrontato senza scrupoli, senza tombale reverenza, apre squarci alla possibilità dell’impossibile. Tale è poi l’impatto del “Letterale”, o il “Prendere alla Lettera”, che con essi l’Umorista, come il narratore fantastico, possono giocare all’infinito.
Nel suo Manuale di Conversazione, Achille Campanile si interroga (e sono “interrogativi che attendono risposta”) intorno al modo col quale i Tacchini fecero la loro comparsa sul suolo francese, ossia nella “terra dei Galli”. Secondo lo studioso Figuier, “il Tacchino fu introdotto in Francia dai gesuiti“. La frase soddisfa lo storiografo, e tutto finisce lì. Ma com’è successo?, si chiede invece Campanile, e dunque immagina la scena, che dové svolgersi, al principio, sui Pirenei, “zona di contrabbandieri che ben si adatta a un colpo di mano del genere e dà all’impresa un tono romanzesco, uso Carmen.
È notte. Fischia il vento tra quelle gole selvagge. I gesuiti, che si sono proposti d’introdurre questo animale da cortile in Francia, cercano di fargli passare la frontiera spingendolo con giunchi, stuzzicandolo perché cammini. Il Tacchino pettoruto incede e, dietro, la schiera dei religiosi”.
È probabile, a questo punto, che l’introduzione del tacchino debba per forza avvenire clandestinamente, “visto che si trattava d’un animale ancora ignoto in Francia”, e che poteva a ragione suscitare il sospetto e la ripulsa dei doganieri. Per cui, quando si arriva vicino alla casamatta, c’è un passaparola sussurrato, tra quelli che accompagnano il volatile:
“Zitti!, ci siamo. In punta di piedi i gesuiti, fra le gole dei monti, passano in fila indiana, spingendosi avanti il Tacchino”. Ma, «proprio a un passo dalla frontiera la bestiaccia, manco a farlo apposta, si mette a fare: glu glu glu… Maledetto. I religiosi cercano di tappargli il becco. Cosa non facile. Ma sì! Quello starnazza. Rimbombano nelle tenebre notturne tre o quattro spari, i gendarmi confinari sono in allarme, s’odono di qua, di là, passi concitati nel buio, grida di “Chi va là?”. I gesuiti, immobili nelle tenebre, trattengono il respiro. Uno s’è ficcato sotto la tonaca il maledetto gallinaceo e gli tiene avvolta la testa nella gonna, perché non s’oda. Il Tacchino si dibatte, ma viene trattenuto. Finalmente torna la calma. Il pericolo è passato. In punta di piedi, i gesuiti riprendono il cammino… lasciano libero l’animale e proseguono liberi, felici. Il Tacchino è stato introdotto in suolo francese, nella terra della libertà, dove l’attende la padella».
Ma c’è anche la possibilità, niente affatto remota, anzi addirittura più probabile, che il Tacchino sia stato introdotto in Francia via mare. Campanile sente il dovere storico di considerare anche questa ipotesi.
“Doveva essere il Sei o Settecento. L’epoca dei galeoni… allora viaggiare per mare, era un’avventura”. Può anche facilmente capitare che su questi grandi velieri scarseggino i viveri, divampi la fame. Allora…
“Il capitano sa che c’è a bordo, chiuso in una gabbia, il misterioso pennuto. Un’occhiata d’intesa col cuoco, quasi sicuramente cinese…e appena cala la notte, malgrado la presenza a bordo di alcuni misteriosi personaggi – possibilmente con almeno una gamba di legno – un’ombra armata di coltello scivola nelle tenebre verso la stiva, si cala nel boccaporto…”
“La conclusione di questo drammatico episodio si avrà per lettera e contro invio di lire mille all’Autore”, s’interrompe non qui, ma altrove, uno spudorato Achille Campanile. È una nota inattesa, ma interessata, che compare all’improvviso in uno dei suoi straordinari romanzi: Ma che cos’è questo amore?. Viene spontaneo citarla, perché il Comico, come il Fantastico, si nutre di Sorprese.
III- A Schleswig, in Germania, alla fine dell’Ottocento, furono restaurati gli affreschi della cattedrale di San Pietro, risalenti al quattordicesimo secolo. Dei lavori fu incaricato il pittore August Olbers, che doveva riportare alla luce e ripristinare anche la concezione originale delle sinopie. A restauro ultimato, nel celebre “Fregio degli Animali” che ornava uno dei dipinti, apparvero anche quattro Tacchini. Il Tacchino è volatile originario del continente americano, e giunse in Europa solo nel secolo sedicesimo: probabilmente, in Spagna, nel 1512. Si trattava d’un’epifania non solo misteriosa, ma letteralmente impossibile: i Tacchini erano assolutamente sconosciuti in Europa, al tempo degli affreschi.
Solo nel 1921, cioè 37 anni dopo il restauro, Olbers ammise di averli dipinti lui, ex novo, concedendosi, per abbellimento, una “licenza pittorica”.
Un successivo restauratore delle stesse sinopie, Lothar Malskat, fece forse anche di peggio: si ritrasse in mezzo ai dipinti medievali, nel loro stesso stile, ma in modo altamente improbabile: la sua immagine passò alla storia come l’Autoritratto con sigaretta. Elemento che aggiunse per distinguersi dal resto della compagnia di presbiteri e borghesi medievali.